Tuscia preziosa tra poesia ed equilibrio/ di Fabrizio Russo

Viaggio a Civitella d’Agliano
Nella Tana di Sergio Mottura, poeta del Grechetto

Sergio Mottura

E’ una delle voci più autorevoli e intonate della Tuscia vinicola l’azienda di Sergio Mottura, principale artefice della rinascita del Grechetto. Una splendida realtà che fin dalla nascita ha perseguito l’obiettivo di far raggiungere ai suoi vini, avvalendosi degli ingredienti della passione e di una competenza che ha rari riscontri altrove, livelli qualitativi di assoluta eccellenza.
Condensare nel breve spazio d’una recensione la sua storia è un compito arduo.
Icona, più che semplice realtà vinicola, l’azienda, ubicata all’interno di una tenuta di proprietà della famiglia Mottura dal 1933, ha sede in un edificio di epoca rinascimentale: la Tana dell’Istrice, Wine Hotel di charme posto al centro del borgo medioevale di Civitella d’Agliano, che sublima la cultura dell’ospitalità attraverso una proposta che spazia dai pernottamenti in stanze elegantemente arredate ai corsi di cucina, dalle cene con pietanze della tradizione abbinate ai vini dell’azienda all’organizzazione di tour nelle città d’arte della Tuscia, dell’Umbria e della Toscana.

Estesa su una superficie di 130 ettari la tenuta ne include 36 di vigneti, attraversati da un’ordinata teoria di filari che, testimonianza tangibile dell’antica vocazione vitivinicola dei luoghi, erano impostati, prima di esser sostituiti da impianti specializzati, con il sistema di allevamento ereditato dagli etruschi, della vite maritata. Coltivate assecondando i dettami dell’agricoltura biologica le vigne ospitano varietà alloctone: Merlot, Pinot Nero, Syrah e Chardonnay, protagonista quest’ultimo di un meraviglioso Brut (il millesimato 2010 sboccato dopo 10 anni di rapporto con i lieviti, presenta un impianto olfattivo  articolato e straordinariamente elegante, che introduce un assaggio inebriante vivacizzato da una sorprendente e fruttata freschezza acida) ma soprattutto vitigni aderenti alla piattaforma ampelografica della tradizione: Montepulciano, Procanico, Verdello e sua maestà il Grechetto, fuoriclasse della cantina, autore in blend di due convincenti interpretazioni di Orvieto e in splendida solitudine di 3 etichette che sublimano la sua indole varietale: Poggio della Costa, Latour a Civitella e il Muffo, ambrosia da uve botritizzate dalla sensuale  dotazione aromatica.

Poggio della Costa 2017
Mette in scena una sontuosa rappresentazione enoica, proponendosi come archetipo della varietà e vincolante riferimento per la tipologia “bianchista” dell’intero stivale, il Poggio della Costa, Grechetto vinificato in acciaio dalla luminosa veste color giallo paglierino. Frutto della trasformazione di grappoli provenienti dall’omonimo vigneto, insistente su terreni argillosi collocati a 140 metri d’altitudine, esibisce un naso di travolgente bellezza, contrassegnato da profumi di susina, erbe campestri, pesca bianca, mandorla, melone invernale, anice stellato e fiori gialli, inseriti in un affascinante circuito odoroso, ricco di echi tropicali e toni minerali. Il palato, elegante e succoso, sfoggia un’ammaliante profondità espressiva, vitalità, equilibrio e freschezza, grazie ad un palco acido affilato e vispo e a un agrumato e persistente finale, rinvigorito dal ritorno dei riconoscimenti odorosi e da una slanciata tannicità.

Latour a Civitella 2016                                                                                              Vino di stampo classico ma dall’impronta moderna, fermentato tra le doghe della barrique, il “Latour” è il prodotto della vinificazione d’una selezione di uve provenienti da cinque diversi vigneti. Ammalia, per ampiezza e intensità, l’affresco odoroso, impostato in un primo momento su note fruttate: pesca, sfumature tropicali e risolute connotazioni agrumate, seguite da sfumature minerali, nuance floreali, pasticceria da forno e sentori burrosi. Analogo spessore qualitativo esprime la bocca, che declina in modo didascalico la personalità del vitigno. Scorrevolezza e dinamismo enfatizzano il sorso, sublimato dalla perfetta sinergia tra le componenti, da una sconfinata bevibilità, dall’alternanza tra morbidezza e verticalità, e da un finale prolungato prodigo di richiami olfattivi.

 

Orvieto Tragugnano 2019
Nobilita una denominazione tormentata da non pochi equivoci produttivi il Tragugnano, Orvieto prodotto vinificando uve Procanico,Verdello, Grechetto e Rupeccio. Avvolto da un luminoso manto color paglierino, attraversato da nervose nuance verdoline, dispensa aromi nitidi e intensi di camomilla e ginestra, fusi con note di muschio, pompelmo, frutta secca, salvia ed erba falciata. La bocca non delude le aspettative, svelando un registro affilato ed armonioso, dinamizzato dall’amalgama tra le felpate componenti gliceriche e le scattanti componenti acido sapide.

 

 

Muffo 2015
E’ elaborando le uve provenienti dai vigneti Umbrico e Mecone che si produce il Muffo, ed è proprio la posizione di queste due vigne, collocate a basse altitudini non lontano dal lago di Alviano, a favorire la formazione della Botrytis cinerea, elemento imprescindibile, ma purtroppo incostante, che soltanto in alcune annate permette la sua realizzazione.

Barriques di Muffo

Vinificato all’interno di serbatoi d’acciaio inox a temperatura controllata, il vino confluisce poi tra le doghe di carati di rovere dove soggiorna per 12 mesi. Fasciato da un mantello color oro antico attraversato da bagliori ambrati, apre un ventaglio aromatico che spazia dalla pesca sciroppata all’albicocca secca, dalla mela cotogna alle erbe campestri, fino al miele di castagno, anticipazione ghiotta di una beva carnosa, dalla modulata dimensione zuccherina.

Sergio Mottura
Località Poggio della Costa, 1. 01020 Civitella d’Agliano (VT)
tel. 0761 914533
www.motturasergio.it
vini@motturasergio.it

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Elogio dell’equilibrio
Alla scoperta dei vini di Marco Muscari Tomajoli

Marco Muscari Tomajoli

Fondata nel 2007 dall’Ammiraglio Sergio Muscari Tomajoli, papà di Marco, oggi saldamente al timone dell’azienda, questa bella realtà di Tarquinia indirizza le proprie attenzioni e il proprio impegno produttivo verso tre diversi vitigni: Montepulciano, Vermentino e Petit Verdot, dando vita ad un assortimento che abbraccia (orange esclusi) tutte le tonalità cromatiche del vino. I vigneti, ubicati in una zona collinare a ridosso del mare, beneficiano d’una gestione agronomica che non contempla l’intervento della chimica, demandando alla sola manualità lo svolgimento delle pratiche vendemmiali. La scelta delle uve, effettuata dopo approfondite indagini pedoclimatiche espletate dall’azienda in collaborazione con l’enologo Gabriele Gadenz, si è dimostrata quanto mai felice. Vermentino e Petit Verdot, d’altro canto, hanno già fornito ampie prove di affidabilità, incrementando la loro presenza in prossimità della costa del Lazio, della Toscana e della Liguria e i vini, nonostante le limitate esperienze pregresse (ma l’esperienza, sosteneva Oscar Wilde, è solo il nome che gli uomini danno ai propri errori), manifestano un’apprezzabile compiutezza espressiva, sintomo d’una raggiunta maturità produttiva. Si afferma sovente che il vino riverberi la personalità del produttore. Non sono convinto che sia sempre così, ma nel caso specifico questa affermazione non è priva di fondatezza. I vini di Marco sono come lui: affabili, mai eccessivi, equilibrati e scevri da arroganza. Sussurrano invece di urlare, accarezzano nasi e palati senza mai indulgere in espressioni aromatiche imprecise o in fastidiose asperità tanniche, sono rispettosi dell’indole varietale delle uve e rifuggono dalle esibizioni muscolari, prediligendo territori sensoriali che alludono all’eleganza più che alla potenza. E il loro margine di crescita, peraltro già ampiamente avvertibile, ci riserverà in futuro delle liete sorprese.

Nethun 2019
Vermentino in purezza racchiuso tra le pareti d’una bottiglia arricchita dai  disegni dell’artista Guido Sileoni, il Nethun, frutto della trasformazione di uve allevate a cordone speronato e coltivate su terreni ricchi d’argilla, è contrassegnato da un vibrante esordio olfattivo, che evidenzia un tripudio di aromi: erba falciata, susina, fiori di acacia, agrumi e mela golden, inscritti in un’ammaliante composizione odorosa, arricchita da intensi richiami minerali e da suadenti suggestioni tropicali. La fase gustativa, coerente con l’elevato spessore qualitativo del naso, vede il vino addentrarsi risolutamente nel cavo orale avviando una beva intensa ed armoniosa, ravvivata da un proporzionato palco acido e impreziosita da un succoso e persistente finale, ammantato di freschezza, sapidità e ricordi ammandorlati.

Pantaleone 2019
E’ una delle più convincenti interpretazioni di sempre, anche se il sempre è relativo a un arco temporale che copre meno di un decennio, il Pantaleone 2019, vino da uve Petit Verdot vinificate, come del resto l’intera gamma produttiva, interamente in acciaio. Esemplare per nitore olfattivo e immediatezza gustativa, il vino evidenzia un naso di irresistibile solarità, delineato da aromi nitidi e stratificati di marasca, piccoli frutti di bosco, macchia mediterranea e spezie dolci, che rincorrono, in un avvincente crescendo sensoriale, note ematiche, grafite e refoli balsamici. Altrettanto persuasiva e priva di tentennamenti, la beva esibisce spessore, profondità ed equilibrio, grazie ad un arrotondato tessuto tannico, a una percepibile ma non graffiante acidità e a una chiusura prolungata, coerente con l’olfatto.

Velca 2019
Spensierato e fragrante il Velca, rosato avvolto da un manto color cipolla, svolge il tema Montepulciano mostrando un naso delineato da accattivanti profumi di melagrana, ciliegia, geranio e gelatina di lampone, anticipazione di una struttura gustativa simmetrica e di rallegrante freschezza, vivificata da una calibrata presenza acida. Seppur tecnicamente ineccepibile e totalmente esente da indeterminatezze e imprecisioni, il vino palesa più contenute ambizioni rispetto a quelle manifestate dai suoi “fratelli maggiori”, per l’assenza di quella grinta e di quegli “squilli di tromba” che caratterizzano invece il magnifico Vermentino e l’ottimo Petit Verdot.

Muscari Tomajoli
Loc. Bandita San Pantaleo snc 01016 Tarquinia (VT)
tel. 328 8990631
vinimuscaritomajoli@gmail.com
www.muscaritomajoli.it               

 

Fabrizio Russo
Critico enogastronomico, per molti anni responsabile cittadino e del Lazio di Slow Food, nonché docente di Storia e cultura della gastronomia e dei Corsi sul vino nell’ambito dei “Master of Food”. Ha collaborato a numerose guide e riviste di cultura materiale: Osterie d’Italia, Guida dei Vini d’Italia del Gambero Rosso, Civiltà del Bere, Cucina & Vini, coordinando inoltre le attività redazionali di: “Sulle onde del gusto” e della Guida al Vino Quotidiano, di cui ha diretto le commissioni regionali d’assaggio. Ha firmato articoli su riviste internazionali quali: Robb Report ed è stato caporedattore della rivista telematica Athenews. Da oltre 15 anni scrive per “La Repubblica”, prima in cronaca di Roma, poi come collaboratore delle guide “Ai saperi e ai piaceri regionali”, per le quali ha recensito centinaia di aziende vinicole di: Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria, Sardegna e Puglia. Responsabile regionale di Umbria e Marche per ViniBuoni d’Italia, guida edita dal Touring Club, organizza, in qualità di presidente dell’associazione Athenaeum, degustazioni che promuovono l’incontro tra nettari di Bacco e prodotti gastronomici d’eccellenza.

 

 

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Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.

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