Lambrusco Day 2024: il Lambrusco è plurale

Per secoli considerato un simbolo della cultura d’Occidente, il vino è oggi troppo
spesso e banalmente identificato con il suo tenore alcolico tanto da ritrovarci
continuamente bombardati da mille raccomandazioni circa l’esigenza di un suo
consumo più attento e consapevole.
Si parla allo sfinimento di cambiamento climatico ma anche di mutamento delle
preferenze dei consumatori: la realtà è che le cose oggi evolvono molto più
velocemente rispetto al passato cosicché ci ritroviamo attualmente a scegliere di
consumare più vini bianchi che rossi e più spumanti che vini fermi, per non parlar poi
del tema temperature di servizio e abbinamenti gastronomici in un contesto di
sommellerie italiana allineata a parametri ormai desueti. Quanto sarà complicato
abbracciare il cambiamento che il futuro ci prospetta sui diversi versanti…?

Giovanni Bigot, un agronomo ricercatore personalmente molto apprezzato, si
sofferma sull’energia della biodiversità e sulla genetica dei vitigni, in particolare di
alcuni che si sono adattati a terroir diversi da quelli d’origine. Il loro valore risiede nel
fatto che attraverso lo studio della loro genetica si potrà in futuro organizzare al
meglio l’intero patrimonio viticolo.

E questi particolari vitigni mi rammentano molto certi piccoli produttori resistenti e
resilienti, quelli che invece di scegliere di spostare altrove le proprie produzioni
hanno deciso di mantenere i propri vigneti obbligandosi a migliorare e a mutare la
propria ottica generale.

Fra i tanti penso ai produttori delle zone del Lambrusco, dove per lungo tempo il
vino ha posseduto un’anima arcaica e contadina, proponendosi oggi in una nuova
veste per precisa scelta delle nuove generazioni dei suoi produttori, orientati verso un
vino nuovo che sfrutti la sua versatilità di base: la nuova tendenza è difatti un
Lambrusco spumantizzato metodo classico, anche bianco, pas dosé  e dalle alte
acidità.
Parlo dei produttori del “Gruppo Giovani”, Ambasciatori del Lambrusco nel
mondo che, conoscendo molto bene il loro prodotto, desiderano farlo apprezzare non
solo per i suoi aspetti tradizionali ma anche per la contemporaneità delle sue
caratteristiche organolettiche.
Tra le ultime novità vi è la richiesta di modifica al disciplinare per l’inserimento della
tipologia Bianco nella varietà Sorbara, presentata il 21 giugno scorso al Comitato
nazionale, in contemporanea al Lambrusco Day svoltosi quest’anno a Matera. E’
questa un’iniziativa decollata appena lo scorso anno e che si rinnoverà, in tour in Italia e nel mondo, con l’intento di rafforzare l’immagine di questo vino emiliano e approfondirne la conoscenza attraverso nuove produzioni e tipologie.
In questa occasione le masterclass sugli spumanti e sui vari territori, stili e savoir-
faire guidate da Gabriele Gorelli, primo MW italiano, sono state chiarificatrici, oltre che piacevoli e interessanti come solo un grande esperto e comunicatore è in grado di
poter fare.

Il Lambrusco on tour visiterà luoghi di particolare interesse socio-culturale, storico,
artistico e naturalistico, come appunto i Sassi di Matera. In attesa di conoscere la
prossima meta del Lambrusco Day 2025, sappiate che il World Lambrusco Day 2026
si svolgerà a New York, secondo un’alternanza che vedrà l’evento spostarsi all’estero
ogni tre anni.
“L’umile champagne della Emilia Romagna”, come lo definiva Mario Soldati, è
dunque ancor oggi sulle mense di mezzo mondo.

Negli anni ‘80 i fratelli Mariani, delle cantine riunite di Reggio Emilia, sono stati i pionieri del successo di questo vino, che già negli anni ‘70 veniva prodotto in lattina e commercializzato negli USA col nome di Red Cola (una sorta di coca cola italiana) per le sue caratteristiche di effervescenza e freschezza, di profumi fruttati e basso tenore alcolico.

Il Consorzio tutela del Lambrusco nasce nel 2021 dalla fusione di tre Consorzi, precisamente il Consorzio del Lambrusco di Modena, il Consorzio promozione vini DOP Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa ed infine il Consorzio vini del Reno DOC. Parliamo oggi di un ente con 70 produttori e otto denominazioni per un totale di 16.600 ettari vitati di cui 10.000 dedicati al Lambrusco ed una produzione che lo scorso anno si è attestata su oltre 35 milioni di bottiglie di Lambrusco Doc e 100 milioni di Lambrusco IGT.

Claudio Biondi. presidente, Giacomo Savorini, direttore del Consorzio del Lambrusco

Le sole province di Modena e di Reggio Emilia producono così il vino più diffuso al mondo, che è anche il vino più venduto all’estero per volume (60% della produzione), specialmente in USA e Centro-Sud America dove però preferiscono la tipologia col residuo zuccherino alto (che in effetti risulta la più richiesta all’estero nella misura del 80% dell’export).
Personalmente sono legata al ricordo giovanile di un vino frizzante amabile, che nella
metodologia della tradizione andava incontro ad una rifermentazione spontanea in
bottiglia, e usualmente accostato ad una cucina popolare come quella emiliana un po’
grassa ma assai gustosa. Oggi, in altre tipologie, il Lambrusco è perfetto con certa
cucina asiatica.
E in questa ennesima estate torrida, è da considerarsi assolutamente un rosso da frigo.

In fondo l’universo del Lambrusco ha sempre posseduto mille anime ad iniziare dai
tanti vitigni utilizzati per la sua produzione, perché non si parla solo del Sorbara, del
Grasparossa di Castelvetro o del Salamino di Santa Croce, ma anche del Barghi, del
Maestri, del Marani e del Montericco così come pure dell’Oliva, del Viadanese, del
Benetti, del Foglia frastagliata o del Pellegrino.
Le sue denominazioni sono invece sei: il Sorbara, dall’impronta salina; il
Grasparossa di Castelvetro, di maggiore potenza e tannicità, e il Salamino di Santa Croce, a cui si aggiungono il Colli di Scandiano e Canossa, il Modena e il Reggiano.

Una piccola curiosità: il vitigno Sorbara ha i fiori sterili e pertanto in vigna lo si trova
comunemente associato al Salamino, la cui presenza è essenziale per la sua
impollinazione.

Il Direttore del Consorzio, Giacomo Savorini, ci tiene a sottolineare l’esigenza di
far comprendere al mercato che il Lambrusco non è solo quello che vive
nell’immaginario collettivo, cioè un vino rosso e frizzante, ma esiste anche in altre
versioni. Nella narrazione di questo vino si parte usualmente dalla sua variabilità
cromatica, mentre il punto forte è la sua versatilità nel paring gastronomico. Oggi
poi si sta lavorando molto sul versante degli spumanti, sia metodo classico sia
Charmat.

“Quello che ha portato all’unificazione del variegato mondo del Lambrusco è stato
un percorso molto lungo: ora il nostro obiettivo è portare avanti le strategie di
comunicazione e i progetti di promozione più efficaci, sia a livello nazionale che
internazionale” sono le parole del Presidente Claudio Biondi.

Ma avete notato il nuovo marchio del Lambrusco? Richiama un po’ il movimento
delle bollicine di un vino effervescente e irrequieto, ma anche la forma di un sigillo di
ceralacca, quello usato su lettere e manoscritti preziosi in tempi antichi e lontani
quando ancora la vite del Lambrusco cresceva maritata all’olmo….

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Daniela de Morgex
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