Il mio ventiseiesimo Vinitaly: della comunicazione e altre dinamiche

Vinitaly 2018

Se è vero che l’Italia è tra i leader mondiali nella produzione di vino, allora abbiamo un dovere da compiere e una responsabilità da assumerci: il primo imperativo è produrre vino di qualità, il secondo è comunicarlo. E in un mondo globale dove le informazioni viaggiano in tempo reale ed arrivano contemporaneamente a milioni di persone, sebbene nella maggior parte dei casi in modo superficiale, bisogna fermarsi un attimo a riflettere su come la comunicazione di questo prodotto debba essere affrontata e agire con professionalità mirando ad obiettivi precisi.

Ed ecco quindi che diventa importante, per ben comunicarlo, che prima di tutto noi stessi prendiamo coscienza del nostro patrimonio enologico, che non è solo naturale ma anche sociale e culturale.

Noi siamo i primi al mondo per biodiversità, nessun altro Paese può vantare la quantità di vitigni che possono esprimere vini di pregio come i nostri. Sono centinaia le varietà registrate e coltivate e molte ancora sono da censire, e in un contesto di mercato internazionale particolarmente competitivo ma caratterizzato da pochi vitigni, è importante valorizzare queste produzioni fortemente identificative per distinguerci. La nostra enorme varietà ci rende unici.

Siamo riusciti a trasformare la nostra biodiversità in vini certificati grazie all’impegno di aziende battagliere, dalle più grandi alle più piccole che tra l’altro, e sempre in numero maggiore, si raccolgono intorno al concetto di sostenibilità avvicinando il mondo della produzione a quello della ricerca e dell’attenzione al territorio.

Ma non solo. Sappiamo che in quel liquido che ondeggia in un calice di vetro è contenuta la sintesi delle bellezze artistiche ed ambientali del nostro Paese, di esperienze altamente qualificate nel campo del design e delle tecnologie, con ricerche che guardano sempre di più al futuro. E tra i profumi che ci avvolgono il naso si sprigionano sensazioni che colpiscono le nostre emozioni, come quelle di tradizione e di famiglia che fuse tra loro rappresentano la spina dorsale del vino che produciamo. Una sintesi talmente profonda che, a noi, sembra quasi superfluo parlarne. Ma che è l’elemento di distinzione da qualunque altro Paese. In quel vino che facciamo girare nel calice c’è parte di ciascuno di noi.

A volte mi chiedo se una delle difficoltà che ci affiancano nel percorso comunicativo non siano dovute, paradossalmente, alla quantità e alla qualità di valori, di contenuti culturali, oltre che di sostanze naturali, che compongono la vera personalità del vino italiano. Un paradosso, certo.

Ma il nostro Paese è piccolo nel mondo, tanto piccolo che sarei curiosa di sapere quanti dall’estero sanno dove cercarci, se messi davanti ad una carta geografica. E se non andiamo noi a raccontarci, farci conoscere, diventa difficile che tutta questa ricchezza possa essere condivisa, che si possano conquistare nuovi consumatori. Dobbiamo metterci in gioco con linguaggi che devono essere trasversali ma capillari, con una attenzione particolare anche ai millennials che rappresentano il futuro del consumo del vino di qualità.

Comunicare, quindi, deve essere l’impegno primario. Ma con il capitale che abbiamo, che va ben oltre il semplice concetto di vino come bevanda, dobbiamo diversificare gli strumenti da usare. In questo periodo di ipervelocità nella diffusione di idee, rapidissima e internazionale ma dispersa tra milioni di bit, ci possiamo riappropriare del contatto umano, di uno sguardo, del tono di una voce. Mi domando quanto non valga la pena valorizzare un tempo che venga fermato, anziché sparato nell’iperspazio. Per questo le manifestazioni come il Vinitaly possono rappresentare quella situazione in cui non sono le notizie ad arrivare alle persone, ma le persone ad andare verso una intima e e più profonda  conoscenza. Un appuntamento globale fissato in una grande area espositiva dove migliaia di produttori di vino si riuniscono come in una “bolla” ferma nel tempo e per quattro giorni discutono, si confrontano, raccontano il loro singolo vino, la loro realtà, il loro territorio. Tante voci che diventano una sola voce, quella del vino italiano, molto più forte, sorprendente e vincente di quanto ci si possa aspettare da un piccolissimo Paese quasi invisibile sulla grande carta geografica del mondo.

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Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.

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