Galeotto fu il master in wine business.
È lì, nel 2005, che Robert Princic, vignaiolo friulano a capo dell’azienda Gradis’ciutta nel Collio, incontra Matjaz Cetrtic, collega e compagno di studi che vive al di là del confine, nella regione slovena del Brda. La tesi di laurea decidono di scriverla insieme, ma alle pagine da stampare ci aggiungono una sfida pratica: quella di creare un vino capace di riunire nella stessa etichetta due zone della vite che la Storia aveva separato, ma che la natura non ha mai smesso di considerare parte del suo unico grembo.
È così che nasce Sinefinis, termine di derivazione latina che indica appunto la mancanza di confini e insieme l’assenza di una fine, un balzo fiducioso nel futuro: una Ribolla gialla spumantizzata, che amalgama uve di Ribolla italiana e Rebula slovena, prese a cavallo tra le vigne di San Floriano e quelle di Kojsko, impreziosite dalla lavorazione del metodo classico, con rifermentazione in bottiglia e 42 mesi di lento affinamento sui lieviti.
Oggi Sinefinis, che nel frattempo ha figliato quattro etichette (Rebolium, Rebolium Brut Nature, Rosè da Pinot nero e Blanc des Blans con lo Chardonnay), è presenza costante nei calici serviti ai vertici dell’Unione. Un vino orgogliosamente comunitario, crocevia di culture, come sottolineano i due soci, che ribalta la percezione negativa legata agli assemblaggi transnazionali. E per questo sarà un po’ un’icona negli appuntamenti che vedono insieme Nova Gorica e Gorizia come Capitali europee della cultura del 2025.
L’idea di partenza, in fondo, è semplice: “Ciascuno di noi – spiega Princic – vinifica una base e poi assembliamo le due masse. Abbiamo cominciato come un gioco e da lì è nata un’azienda che oggi produce dalle 10 alle 25 mila bottiglie”. All’assaggio ciò che spicca nel bicchiere è l’eleganza, unita a una freschezza temperata dalla mineralità tipica dei vini che nascono sulla ponca, il terreno con strati di argilla e arenaria tipico del Collio. Al resto ci pensano il microclima e le superfici collinari esposte a mezzogiorno e protette dalle Alpi Giulie.
Ma il desiderio di ricucire gli strappi drammatici del passato non si ferma qui.
Prima del 1947, anno in cui le potenze alleate spostarono le frontiere tra l’Italia e l’allora Jugoslavia lacerando comunità vissute in pace per secoli, la famiglia di Princic possedeva vigneti che spaziavano tra Giasbana (una frazione di San Floriano nel Friuli, quartier generale dell’azienda madre) e le terre del Brda, oggi territorio sloveno. Ed è a Neblo e Zali Breg, due zone di eccellenza oltre il confine, che Robert ha scelto di produrre una sua linea personale di etichette denominata Sveti Nikolaj. Le uve di Rumena Rebula sono le stesse che coltiva nel Collio italiano chiamandole Ribolla gialla. Ma qui, racconta il vignaiolo, si è scelto di fermentare con la tecnica del nonno: dentro grandi contenitori di legno. L’effetto? In bocca l’acidità del bianco si addomestica con la morbidezza avvolgente generata in botte.
Un produttore di solida visione, Robert Princic, che nel 1997, appena ventenne, ha scelto di rilanciare l’attività di famiglia fino a quel momento limitata al conferimento delle uve. Puntando su un progetto riconoscibile per qualità e stile. Una scommessa riuscita che lo ha visto sviluppare un modello viticolo centrato sul rispetto del terreno unendo saperi della tradizione con tecnologie sperimentali d’avanguardia.
Dal 2005 è partito poi un percorso di ristrutturazione della cantina culminato nel 2018 con il titolo di azienda completamente biologica a cui è seguito il Diversity Ark di Vite Nova, riservato ai viticoltori con una visione olistica capace di custodire tutte le biodiversità presenti in campo.
Pluripremiata nelle guide, nei suoi 50 ettari Gradis’ciuta contempla sia vitigni autoctoni (i grandi cultivar di Ribolla gialla, Malvasia e Friulano in purezza, con varietà come Moscato, Picolit e Verduzzo per gli assemblaggi), sia internazionali (Chardonnay, Pinot Grigio e Sauvignon tra i bianchi, protagonisti in blend con anche il Reisling nella bottiglia portabandiera, il Bràtinis; Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot tra i rossi, con anche un raffinato uvaggio bordolese).
Chiude il cerchio la scelta di recuperare un’antica struttura del sedicesimo secolo e trasformarla in un luogo destinato all’accoglienza. “Il 2025 – osserva Princic – sarà l’anno di Gorizia Capitale europea della cultura con Nova Gorica. E Gorizia è la porta dell’oriente, il Collio il suo territorio e il suo magnifico paesaggio, luogo adatto a ospitare delegazioni e visitatori. Borgo Gradis’ciutta lo sarà. E offrirà degustazioni, esperienze in vigna, laboratori di cucina, corsi di artigianato e persino la possibilità di creare una versione personale del proprio Collio Bianco preferito”. Passato e modernità in equilibrio come le bollicine per metà italiane, per metà slovene, di Sinefinis.
di Massimo Cerofolini
Massimo Cerofolini
Autore e conduttore su Radio 1 Rai del programma Eta Beta sull'innovazione e le nuove tecnologie, inviato su Rai1 per il programma televisivo Codice, coconduttore del podcast Codice Beta e autore di altri podcast su RaiPlaysound. In passato ha lavorato a Paese Sera, L'Espresso, Agenzia Ansa, Tg3 e Gr3. Si occupa anche di cibo per Radio Rai, dove ha lavorato per programmi come Dal piatto alla tavola, La terra e Mary Pop. E' sommelier Ais dal 2007.