Le qualità nascoste del bombino bianco di Eremo Tuscolano

Bombino

Il bombino bianco è, a torto, relegato ai margini della viticoltura dei Castelli Romani. E’ quasi sempre dimenticato quando si snocciolano velocemente i vitigni del blend del Frascati Superiore, surclassato dalle malvasie, puntinata e di Candia, che costituiscono la quota identitaria della Docg fino al 70%, e “per colpa” dei trebbiani, ma in questo caso perde solo una battaglia numerica, visto che i trebbiani sono due, toscano e giallo.
Il disciplinare recita: [..] Bellone, Bombino bianco, Greco bianco, Trebbiano toscano, Trebbiano giallo da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30% [..].
Ha quindi pari dignità nel gruppo, se non superiore, mentre nell’immaginario collettivo continua ad essere collocato mnemonicamente in fondo alla lista… eppure anche in ordine alfabetico verrebbe prima!

Questa posizione da fanalino di coda è da attribuirsi in parte alla sua generosa capacità produttiva che assicurava, e assicura se coltivato con quell’intento, un abbondante raccolto con relativo guadagno economico. Proprio riferendosi alla sua indiscussa proprietà “salvavita” per i contadini, soprattutto in regioni dove è molto diffuso come in Puglia ed Emilia Romagna, Abruzzo -dove è spesso confuso con il Trebbiano- e  Marche -con la Passerina- gli ha riconosciuto nomignoli poco nobili quali “pagadebit” o “stracciacambiali” (soprattutto in Emilia).

E perché Mario Masini ha scelto di continuare ad utilizzarlo nel blend del suo Eremo Tuscolano?

Storicamente, il bombino bianco riveste un ruolo fondamentale nel blend per il Frascati Superiore, al quale conferisce finezza e complessità. Eremo Tuscolano si riallaccia a questa tradizione e la valorizza. E’ un vitigno che sa dare molto soprattutto nelle annate più difficili, calde o “bagnate” che siano. Le sue proprietà di maturazione medio-tardiva e in grado di “tenere” elevati i livelli di acidità anche fino a metà novembre rappresentano un vantaggio, per esempio, nelle annate calde. Inoltre presenta chicchi che hanno una buccia abbastanza elastica, caratteristica che invece è un vantaggio per la resistenza alle piogge e alle avversità climatiche che dovessero occorrere in tempo di vendemmia. L’unica controindicazione è la sua elevata produttività che va contenuta con basse rese affinché non finisca per diluire il corpo del vino. Ma con una gestione consapevole del suo sviluppo riesce a mettere equilibrio nella delicata alchimia della composizione che da vita al Frascati, e conferire al vino quel carattere unico, inconfondibile, di grande classe e profondità che ha per diritto di nascita.

Le origini del vitigno sono incerte, forse iberiche. Una fonte autorevole lo colloca nella campagna romana nelle indagini svolte agli inizi dell’Ottocento: è Giuseppe Acerbi nel 1825 il primo a parlarne nel suo Delle viti italiane o sia materiali per servire alla classificazione. Seguirà Giuseppe Frojo nel 1875, professore di Agraria presso quella che era la Regia Scuola d’Applicazione per gli ingegneri di Napoli, che collocherà il Bombino anche in Puglia, in particolare nell’area di Barletta, attribuendogli i sinonimi di Colatamburo a Terlizzi e Bonvino a Trani, nella Relazione sugli studi ampelografici eseguiti nelle Puglie (raccolte nel Bullettino Ampelografico, Ministero d’Agricoltura Industria e Commercio, Anno 1875 Fascicolo I. Tipografia Eredi Botta, Roma 1876).

La pianta presenta un germoglio verde biancastro con sfumature giallastre e spesso con orlo carminato; la foglia è di media grandezza, quinquelobata e anche trilobata, pentagonale di color verde-carico con nervature principali sulla pagina inferiore di color verde, spesso parzialmente rosso-vinose alla base; il grappolo di media grandezza o quasi grande, conico o cilindro-conico, spesso alato e piramidale, semi-spargolo; l’acino è di media grandezza o quasi grande, sferoidale, con buccia mediamente spessa, consistente, di color giallastro, spesso cosparsa di macchie e punteggiature marrone, mediamente pruinosa.

[Fonte per le caratteristiche ampelografiche: “Bombino bianco” di B. Bruni, S. Del Gaudio e S. De Girolamo, in Principali vitigni da vino coltivati in Italia – Volume II, Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, 1962]

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Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.

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